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ATMOSFERE VISSUTE ?

MARIANNA 10° EPISODIO
Passarono giorni felici tanti pensieri, fantasie e sogni ad occhi aperti che facevano da cornice al pancione che cresceva e al bambino che si faceva posto nella mente, oltre che nel corpo di Marianna.
 
A chi assomiglierà? Di che colore avrà gli occhi? Come lo chiameremo?
 
Tanti interrogativi che presero forma, in questi mesi, nella mente di Marianna e di Orhan. Tante emozioni iniziarono ad essere vissute: impazienza, desiderio, paura, dubbio, gioia e questi fecero a gara fino al giorno del parto.
 
Tutti questi sentimenti si sedimentarono anche nel fondo dell’anima di Orhan, per poi esplodere all’alba di un giorno d’estate, dopo una notte insonne, passata accanto a Marianna e cacciato fuori dalle donne, nel momento supremo, quando avrebbe tanto voluto poter restare, per vedere nascere questo nuovo essere umano, che sarebbe restato per sempre attaccato alle loro vite. Il piccolo Selim, così lo chiamarono, fu presentato al popolo il giorno dopo, si radunò una folla immensa nella piazza d’armi e Orhan prendendolo in braccio e poi innalzandolo al cielo, urlò il suo nome per tre volte di seguito.
Iniziarono quindi i festeggiamenti che si protrassero per tre giorni, e tre notti, canti, balli, tanto cibo e bevande che fecero morire d’invidia i cugini del vecchio sultano.
 
Con il tempo il bambino cresceva e si fortificava; era pieno di sapienza e simpatia e tutti a palazzo lo amavano e lo rispettavano come un principe. Infatti già al secondo anno di vita parlava e comunicava facilmente con gli abitanti; il padre gli aveva regalato un piccola sciabola di legno che, portava sempre con sè nel fodero allacciato alla cintura e che sguainava ogni volta che per gioco lo provocavano.
Purtroppo i giorni migliori trascorsero in fretta ed iniziò un periodo pieno di tensioni e di incertezze, causate spesso dall’intervento subdolo dei parenti di Umar che volevano riprendersi il potere della città di Amasya.
 
Una sera Orhan assieme ai suoi fedeli, venne accerchiato alle porte della città, da un gruppo di predoni che si erano nascosti nelle vicinanze di Amasya. In realtà erano stati fomentati da alcuni traditori nostalgici del vecchio sultano, pagati da Hatun, cugino di Umar. Iniziò subito un feroce combattimento, Orhan e Hatun si affrontarono direttamente utilizzando le loro armi.
 
Orhan lasciò partire un colpo di sciabola, che Hatun riuscì a parare.
 
“Muori! Muori!” gridò Orhan, mentre affondava la spada nel tentativo di far cedere le difese di Hatun.
 
Hatun era stanco e debole, troppo per reggere il peso dell’avversario; “No!” gridò, mentre scalciava alla cieca. Orhan venne colpito con un calcio in pieno fianco e non riuscì a respirare per qualche secondo, cosa che consentì a Hatun di rimettersi in piedi e menare un colpo di sciabola preciso al petto.
 
Orhan cadde a terra; il fedele Abur visto la caduta del suo padrone, si precipitò in aiuto e pugnalando alle spalle Hatun, lasciò il combattimento e caricò subito il corpo di Orhan sul suo cavallo, riportandolo in città e dando ordine alle guardie di chiudere le porte.
 
Abur attraversò velocemente le vie della città e arrivato al fortezza, spronò il cavallo verso le scale del castello, fino ad arrivare nella sala del trono, e lì depose Orhan su di un divano.
Venne subito chiamata Marianna che fece in tempo a raccogliere le sue ultime parole: “Scappa subito con Selim…”. Dopo di che spirò.
 
Marianna abbracciò Orhan fino a quando Abur la staccò e le disse:” Se vuoi salvare Selim, devi subito partire per Astura, lì sarete al sicuro per un po’.”
 
Hatun poi chiamò Maddalena che, accompagnò Marianna nella sua stanza e dettero subito ordine ai servitori di preparare i bagagli.
 
Dettero anche disposizione di non far sapere alla popolazione della morte di Orhan, infatti lo depositarono in un sarcofago, per tenerlo nascosto il tempo necessario per permettere la fuga di Marianna ad Astura.
 
Prima dell’alba in piazza d’armi era pronta una carrozza, scortata da quattro cavalieri armati, Marianna Selim e Maddalena salirono a bordo della vettura e dopo aver salutato Hatun partirono. Il viaggio durò un’eternità, tra i lamenti di Marianna e le domande di Selim che, cercava continuamente la sua sciabola. A sera entrarono dalla porta orientale di Astura e subito dopo si recarono alla torre.
La stanchezza prese il sopravvento, per cui dopo aver cenato, si recarono nelle loro camere.
 
Al mattino il cielo era di un blu intenso, gli uccelli cantavano e Selim venne svegliato dal canto del gallo, cercò la madre, utilizzando le mani e finalmente l’abbraccio arrivò. Marianna gli accarezzò il capo e lo tranquillizzò, quando ad un tratto sentì bussare alla porta, era Maddalena. Le due donne uscirono dalla camera e Maddalena comunicò a Marianna che l’indomani sarebbe arrivato Abur da Amasya.
 
La giornata passò tra i ricordi e le speranze delle due donne, che ormai erano diventate come sorelle, si consolavano a vicenda e si beavano delle marachelle di Selim.
 
Abur arrivò alla torre all’alba, raccontò a Marianna della sepoltura segreta di Orhan e aggiunse che purtroppo la situazione politica ad Amasya stava precipitando, quindi consigliò alla due donne di lasciare al più presto la torre, per una nuova destinazione, magari aldilà del mare. Si pensò subito a Murad come esperto navigatore.
 
Murad che era appena ritornato da uno dei suoi viaggi nel sud del mediterraneo, venne incrociato al porto da Maddalena e senza dargli spiegazioni, lo pregò di andare subito alla torre, per conferire con Marianna. Murad un po’ scocciato e appesantito dagli anni, fece a fatica le scale della torre, fino ad arrivare al cospetto di Marianna. Abur spiegò la circostanza e Murad cercò delle soluzioni, parlò della possibilità di migrare nelle vicine isole della Grecia, di Smirne e di Siracusa.
 
A questo punto Maddalena suggerì a Marianna: “Perché non ritorni a casa, in fondo è un tuo diritto.”. Marianna rispose: “E tu verresti con me?”
 
Maddalena non rispose ma, abbracciò Marianna dicendole:” Io non potrò mai abbandonarti, tu sei mia sorella!”.
Sul volto di Marianna finalmente, comparve quel sorriso che aveva perso dopo la morte di Orhan e confermò la sua decisione. Murad acconsentì e dette loro appuntamento per il prossimo plenilunio, si stabilì il compenso in monete d’oro e Abur raccomandò la massima segretezza.
 
Abur si fermò ad Astura alcuni giorni, il tempo necessario per riorganizzare i turni di guardia della guarnigione e anche per consegnare a Marianna alcune teche private, che Orhan aveva lasciato nel suo forziere. Nei giorni successivi incominciarono, in segreto, i preparativi per la partenza e nel frattempo Marianna con l’aiuto di Abur, incominciò ad aprire le teche lasciate da Orhan. Le teche contenevano moltissime lettere di credito, la certificazione del matrimonio con Marianna, la nomina a successore riguardante il piccolo Selim, la nomina di Abur a comandante della gendarmeria e infine la cartografia riguardante una piccola isola dell’Egeo con specifiche indicazioni.
 
Marianna decise di custodire personalmente le teche e di trasferirle con gli altri bagagli sulla nave.
La sera, dopo aver messo a letto il piccolo Selim, Marianna e Maddalena pensarono a ciò che avrebbero fatto una volta arrivati a destinazione.
 
Venne in mente a Maddalena di coinvolgere gli abitanti del paese, nel progettare un grande laboratorio di tessitura, dove si potessero produrre arazzi e stoffe che poi sarebbero stati venduti in tutto il circondario e anche fuori. Per questo vollero coinvolgere anche Murad che con il suo naviglio avrebbe potuto effettuare il trasporto sia dei filati che dei manufatti.
 
Abur partì per Amasya e Murad, senza dare nell’occhio, curò il trasporto dei bagagli sulla nave.
 
Il giorno successivo a notte-fonda, lasciarono la torre e mediante una carrozza Marianna, Maddalena e Selim ancora addormentato, si recarono al porto dove vennero accolti da Murad. Al sorgere della luna, il naviglio spiegò le vele e prese a navigare, si sentivano solo il rumore delle onde e le vibrazioni delle vele, poi a largo la prua si alzò leggermente e la nave iniziò a rullare nel vento.
Il mare luccicante e azzurro, su cui si protendeva il veliero, faceva da cornice al volto felice di Marianna che con il pensiero rimembrava l’ultima sua visita, ai suoi genitori.
 
Così dopo tre notti, si sentì il nostromo gridare: “Terra!”.
 
Murad che conosceva bene la zona, andò a prua con il nostromo, per vedere meglio il profilo della terra. Marianna venne svegliata da quell’avviso e subito si portò vicino a Murad.
 
Murad le disse: "Ci siamo: fra poco dovremmo scorgere la torre di avvistamento".
 
Non passarono che pochi minuti e dal golfo, prima si notò la bandiera del califfato, che era rimasta lì ad aspettarla e poi finalmente la torre. Marianna s’inginocchiò, pianse e gridò al cielo: “Grazie, Grazie, Grazie.”.
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