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gragramiao


Gra Gra Miao
 


Quella notte di luna piena la Rana sentì nell'aria un battito di ali d'uccello. Era basso e forte, troppo forte per essere un uccello. Era il vento?
 
La Rana vide sulla superficie dell'acqua degli spruzzi di schiuma, vide le ninfee che venivano strappate, le foglie degli alberi che si sollevavano nel cielo. La Rana dorata non aspettò oltre, ma preferì saltare nell’acqua, sul fondo buio e sicuro.
 
Il maschio, affascinato la seguì sempre più giù, facendole notare i muscoli che si contraevano;
lo attirava sempre più lontano, più in fondo di quanto potesse andare qualunque suo simile.
 
Vieni, diceva!
 
Nuota! Nuota! Nuota!
 
Nuota con tutta l'anima!
 
Nel frattempo un Gatto incominciò a correre nelle vicinanze, trotterellando in fretta, giù per il prato alla ricerca di nuove avventure.
Adesso il vento era proprio dietro al Ranocchio. Nuotò disperatamente nell'acqua torbida che stava sporcandosi e diventando nera. Davanti a lui la Rana luccicava spingendolo ad affrettarsi, sempre più avanti, sempre più in fondo, fino a raggiungerla!
Il vento caldo gli toccò il dorso. Non doveva arrendersi!
Lei gli faceva balenare davanti la sua bellezza dorata. Lui nuotò come non aveva mai nuotato prima, con l'acqua che gli passava stridendo sul naso e sugli occhi, con tutto il suo corpo che si gonfiava per lo sforzo. Gli occhi di lei risplendevano e la sua pelle luccicava.
Il vento lo sferzò di nuovo e lo risucchiò.
Tutto il suo desiderio crollò, ma lei non lo abbandonò.
Quando vide che lui veniva trattenuto si voltò e venne anche lei, nuotando senza paura.
Smise di stimolare il suo desiderio e si sforzò di fargli coraggio.
Poco dopo il Ranocchio si ritrovò nella sponda melmosa dello stagno, rimanendo immobile, inebetito e incapace di muoversi.
Il ricordo del suo paradiso era abbastanza vicino ma nello stesso tempo irraggiungibile.
Chiese alla Rana dorata di aiutarlo.
«Non posso!»
«Per favore.»
«Non posso.»
Delle mosche si sparpagliarono attorno a lui, attaccandoglisi al naso, ma il Ranocchio non sporse nemmeno la lingua per arrivarci.
«Per favore, per favore.»
«Non posso.»
Il Ranocchio sentì un dolore, che si chiama amore, per aver perso l'acqua verde, ma tutto quello che poteva fare era starsene seduto, inerte e silenzioso.
I ranocchi sono semplici animali che non provano angoscia, ma capiscono il momento in cui si avvicinano al loro umile paradiso. Incredibilmente il Gatto entrò nello stagno senz'acqua.
Nel momento in cui il Gatto entrò, il Ranocchio capì.
Il Ranocchio vide il pericolo in un paio di occhi.
Una volta avrebbe saltato per evitarlo, ma allora rimase seduto, indifferente. Nel suo cervello si ripeté l'immagine dell'acqua profonda e dell'amante dorata che aveva perso.
Il Ranocchio non saltò, neanche quando la grossa testa nera del Gatto si pose vicino allo stagno. Se si fosse reso conto, il Ranocchio avrebbe fatto un salto, ma lui era quasi stordito dall’amore.
Il Gatto toccò leggermente il Ranocchio con il muso, poi aprì la bocca.
Gli occhi acuti del Ranocchio videro la lingua, i denti bianchi, la gola che pulsava piano e vide anche qualcos'altro.
Il Ranocchio non provò terrore ma impazienza, perché nel fondo della gola del Gatto, vide la sua dea perduta in uno stagno di cristallo, con dei girini che le nuotavano al fianco.
Il paradiso era nella pancia del Gatto, e il Ranocchio gli mise la testa in bocca.
Questa fu una morte per cui non dovette soffrire. Il Gatto chiuse le mandibole così rapidamente che il Ranocchio non sentì nulla.
Il Gatto sentì il sapore della carne fredda e acida, bevve il freddo sangue, sentì gli occhi appiccicosi contro la lingua, la pelle scivolosa e insipida, i muscoli salati.
Inghiottì e ritornò sul viottolo. Quando tornò sulla strada, nella notte la luna si era alzata, rossa, a oriente, con la luce diffusa dalla foschia proveniente dalla strada.
Le betulle alte e blu alla luce della luna e gli abeti verde scuro.
Il Gatto percorse il viottolo finché non raggiunse l'abitazione del padrone, passò tra le auto, attraversò la porta del garage, entrò in casa e scivolò dietro al divano.
FINE
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